Penna di uccello al tramonto

La Scala della Strega

Nota dell’Autrice:
Considero questo racconto sperimentale per due motivi.
Il primo è che segue la storia che mi hanno raccontato tre carte, pescate da un mazzo di tarocchi a me molto caro.
Il secondo è che non ho voluto esplicitare mai il sesso del/la protagonista, che davvero non è importante ai fini della narrazione. (Spero che questo non ingarbugli troppo la lettura).

Ecco, finalmente aveva raggiunto il masso oltre il sentiero. La strada percorsa era stata più impegnativa di quanto si aspettasse, ma il masso appariva proprio come lo avevano descritto. Doveva essere nel posto giusto.
“Era più uno stato della mente che un luogo fisico”, lo aveva sentito ripetere una infinità di volte ma non aveva mai capito cosa avessero voluto dire. Non fino al momento in cui si sedette su quella famigerata pietra, socchiuse gli occhi e abbandonò i pensieri.

Era chiaro: era lì, in quella radura, ma era anche in un luogo piuttosto vicino dell’Universo. Vicino ma non sovrapposto, ecco, abbastanza accostato da poterlo vedere chiaramente chiudendo gli occhi. Al posto della roccia su cui sedeva c’era una sorta di vuoto, mentre laggiù, dove sembrava essersi creata una radura, cresceva un giovane albero. Strano, come albero: a dispetto della stagione sembrava ricoperto di germogli pronti a sbocciare e di nastri colorati che ciondolavano soffici al vento.
Lasciando vagare lo sguardo tra le fronde, incrociò gli occhi di una figura che, ovviamente, non era lì. Un essere di muschio, rovere ed etere. Forse un albero poco pacato, forse un Spirito piuttosto vitale. Non parlava, chissà se poteva, semplicemente sorrideva e sembrava in paziente attesa.
In attesa di cosa non riusciva ad indovinarlo, ma sospettava non si trattasse di un compito felice cui adempiere. Non avrebbe potuto proseguire la sua esplorazione senza soddisfare la richiesta dello Spirito, ma come potergli dare ciò di cui aveva bisogno? Rimase in attesa, in ascolto, senza pensieri. Con il tempo, sarebbe arrivata l’intuizione giusta per proseguire.
Restò immobile e finì per invischiarsi nello sguardo benevolo e paziente dello Spirito, tanto da lasciarsi totalmente disarmare e trascinare in quella Natura pacata e selvaggia, bella da riempire il cuore. Incantevole al punto che doveva assolutamente farle un dono che fosse importante… la sua stessa vita, ad esempio: l’avrebbe offerta volentieri se farlo avesse avuto un senso.
Era un desiderio ardente, quello di donare, e si ritrovò una brocca colma di acqua in mano. Acqua di fonte che aveva raccolto e portato apposta per quel piccolo albero pronto a fiorire. Gli diede da bere, allora, ché era quello che doveva fare.
Nel semplice gesto di versare l’acqua, avvertì concretizzarsi l’insano desiderio di offrire la sua vita: la sentiva fluire placidamente attraverso le mani, un filo sottile che permeava il terreno e si diffondeva nell’Universo come nebbia impalpabile. E qualcosa refluiva, anche. Filamenti sottili, che prima non vedeva, sembravano accarezzare le sue gambe per ritornare alla fonte.
Donava la Vita affinché la Vita pervadesse il suo corpo e la sua Mente splendesse con rinnovato vigore. Offriva tutto ciò che aveva per ottenere tutto ciò che poteva ricevere in cambio. Si Univa con Tutti attraverso quel gesto e il piccolo Albero sembrava il Centro di quel costante fluire.

La brocca si svuotò e l’Albero sbocciò in un bagliore impossibile da guardare.

Al ritirarsi della luce, si rivelò immenso e antichissimo. Solido, come potesse reggere il Mondo. Venerabile, eppure temibile.
Non c’era Spirito ad abitarlo, questa volta. Solo un ragazzo che appariva totalmente disinteressato, oppure eccessivamente sicuro di sé. Era biondo come il sole e forte come un ariete. Il suo sguardo era ostile e curioso, pervaso da una vitalità che lasciava intuire qualcosa di ferale. Tuttavia non c’era da averne paura. Quando parlò, lo fece come chi è abituato ad insegnare: con frasi precise e formule nette, eppure subito dimenticate. Poi, un sorriso a concludere tutto e un gesto che intendeva “il tuo animo è pronto, puoi andare”. Pronto per qualcosa che non sapeva di avere sentito. Fortuna che rimase il ricordo quel sorriso a segnare il passo appena compiuto.
Restò immobile, ancora, perché la situazione era imprevedibile e temeva di reagire nel modo sbagliato. Il ragazzo non se ne curò, consegnato il messaggio si fece piccolo come uno scarabeo e si dileguò nell’ombra.

Un’ombra che assorbì tutto, un solo istante.

Fu di nuovo accanto ad un albero, che ora sembrava uno come tanti. Un ramo si inchinava maestosamente verso terra e da esso pendeva un nastro bianco. Milioni di penne e piume vorticavano tutt’intorno.

Fai il tuo incantesimo. Noi ti ascoltiamo.
Fallo ora. Prendici in mano.

Afferrò una penna al volo, la prima che fu vicina. La rigirò tra le mani giusto un momento, ché non voleva perdesse la sua magia. Le raccontò il suo più grande desiderio, quindi aprì lentamente la mano lasciandola libera di volare.
Sorrideva rendendosi conto che, per qualche strana fortuna, ciò che aveva chiesto era già stato esaudito. O non era importante come pensava.
Ringraziò l’albero e tutti gli Alberi che aveva incontrato. Era giunto il momento di andare.

Un giorno avrebbe fatto ritorno a quel luogo, ma solo dopo aver trovato una piuma che valesse davvero la pena desiderare.

La Scala della Strega © 2022 by Irene Tortoreto aka Irene T. Lachesi is licensed under Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International

Photo by Eftodii Aurelia on Pexels.com

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